tutte le immagini dei quadri, delle sculture ed i testi tratti dai libri dell’artista sono © di Max Loy


..."Il raggio verde è una luce visibile per brevi secondi nelle chiare serate estive, subito dopo il tramonto del sole.

In metafora è qualcos’altro di più significante, una luce interiore che va cercata lì dove ha dimora: nel silenzio.



raccolta di immagini, testi e pensieri di Max Loy ...

e di quant'altro attinente alla sua arte

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..........................Informazioni personali......................... M A X . L O Y

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Studio: via Abbi Pazienza 14 – C.A.P. 51100 Pistoia cell. 3389200157 mail - info@maxloy.com

In these paintings of mine there are two different elements: colour and shape, casualty and organization, intuition and recognition. Two different types of music combining melody and a countermelody evoking the marvel of a stereophonic listening.


ACCOMODATI, SEI IL BENVENUTO !

Introduzione alla Sua arte

Esposizione virtuale delle opere di Max Loy.

“E’ così: ogni azione e ancor più manifestamente quelle dettate dal sentimento, affondano le radici in una regione misteriosa dalla quale ogni gesto assume un significato trascendente che è caratteristico della figura dell’uomo: egli trascende se stesso, così le sue azioni sono allegorie, immanenza e trascendenza insieme.

Questo è un mistero grande, l’unico.”

data inizio blog: 8 ottobre 2009


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domenica 27 marzo 2011

Piove



Che posso fare con una giornata così? 
Rimango dieci minuti fermo in macchina a guardare l’acqua che riga i vetri. Accendo la radio, cerco qualche stazione che mi regali un po’ di musica solare, ma è una ricerca vana.


Bella la guida con la pioggia, crea intimità: l’intimità mi manca.
Sale dal profondo un desiderio astratto di comunione. È la spia di un malessere multiforme, il campanello d’allarme dell’avvicinarsi di una crisi depressiva. Comincia così, con un senso di vuoto mascherato da un’infarinatura nostalgica di un paradiso perduto e poi si rivela qual è: frustrazione del desiderio e pessimismo corrosivo.


Ovviamente hanno il loro peso anche i contesti, è da giugno che faccio questa vita e mi manca la dimensione della famiglia, è evidente, ma non è tutto qui, a un certo punto della vita ci si accorge d’aver accumulato tanta di quella stanchezza che si sente un accorato bisogno di risurrezione e siccome invece di risorgere si invecchia….. manca l’essenziale che è la vita condivisa nel tempo e negli ideali: possiamo condividere soltanto la stanchezza, ma non è cosa.


(...) Poi mi fermo e mi metto a scrivere.
Intanto smette di piovere, la luce aumenta e quasi spunta un pallido sole e questo è sufficiente perché anche il mio stato d’animo si disponga al sereno.

Tratto dal libro di Max Loy "Costa dei Fiori"


Armonie




Se si meditano gli equilibri dell’universo, i moti dei mondi e quelli dell’animo umano ci si rende facilmente conto che ogni realtà è in perenne divenire. La simmetria e la ripetizione in natura sono rare, l’equilibrio è conquista, attimo per attimo. 

L’equilibrio è un’equazione enormemente complessa eppure è alla portata di un bambino. Ciò significa che nel DNA dell’universo esiste un codice prefigurato che ha nome ARMONIA. Significa anche che ciò che è arduo accostare con l’intelligenza è possibile attingere con la sensibilità educata nel rispetto del Creato che è lì, intorno e dentro noi, per educarci all’armonia.

Un’opera d’arte è un’istantanea scattata per amore e a tempo debito dalla sapienza di un artista che ritrae quell’attimo fuggevole in cui forma, significato e sentimento divengono un tutt’uno, uniti nell’equilibrio perfetto dell’amore. 

Quando ciò accade nasce una stella.




sabato 26 marzo 2011

Un’altra presentazione


Quadri che sfuggono all'abitudine unidimensionale e prevaricante del metodo razionale che a forza tenta qui impossibili riconoscimenti dell'ovvio e che si rivelano invece ad un atteggiamento passivo della mente abbandonata ad una spontanea contemplazione, come quando ascolta la musica.

Quadri come finestre aperte sull'inconscio di ciascuno dove ognuno può ritrovare la propria personale e privata fantasia fermata lì, sorprendentemente, con due pennellate dedicate "ad personam".

Quadri che come i sogni emozionano e come i sogni non possono essere raccontati o trattenuti senza perdere il loro impalpabile mistero.

Quadri della maturità, prossimi a quel traguardo di semplicità densa e sapida che abita sul monte delle beatitudini, ultimo approdo di tutti gli itinerari possibili.

Max Loy alchimista del pennello, reinventa il mondo giocando con le formule: razionalità ed emotività, destra e sinistra facoltà del cervello, danno vita al pensiero intelleggibile e comunicabile; con la semantica dei segni e del colore si diverte a far funzionare la parte destra e quella sinistra della mente sua e di chi si sofferma ad osservare i suoi quadri.

Trato da  http://www.arteit.it/Pages/Artisti/Scheda.aspx?id=192

 

Notizie stampa di repertorio: Max Loy a Piacenza

Max Loy
GALLERIA D'ARTE STUDIO C, PIACENZA
Inseguendo il raggio verde
Le sue opere pittoriche, quasi sempre di ispirazione naturalistica, sono dedicate al paesaggio, o meglio a visioni paesaggistico-ambientali colte nelle diverse ore e stagioni.


Alla galleria d’arte contemporanea “Studio C” di via Campesio 39, la mostra personale di Max Loy.



Nato a Pistoia, dove attualmente vive e lavora, Loy è un artista dal lungo curriculum e dall’intensa attività, con mostre tenute in spazi prestigiosi sia italiani che stranieri. Dopo un periodo figurativo concentrato prevalentemente sulla figura umana e l’introspezione psicologica, ha iniziato un percorso autonomo all’interno dell’espressione astratto-informale raggiungendo, in breve tempo, risultati di grande interesse. Le sue opere attuali, quasi sempre di ispirazione naturalistica, sono perciò dedicate al paesaggio, o meglio a visioni paesaggistico-ambientali, colte nelle diverse ore e stagioni con particolare riguardo alle emozioni suggerite dal mare, grande inseparabile amico di Max Loy. Per lui il mare è la fonte principale della sua ispirazione, il cuore pulsante di ogni dipinto. Una visione della realtà, quella di Max Loy, che ha ormai superato i confini del figurativo tradizionale, facendosi sintesi, gesto, colore, luce e memoria.

“Inseguendo il raggio verde”, rappresentativo titolo riferito a quella particolarissima luce- colore visibile solo per pochi istanti nelle chiare serate estive, subito dopo il tramonto, ma anche metafora di luce interiore, sublimazione di uno stato d’animo, magico straniamento che va ricercato lì dove dimora: nel silenzio.
Presenterà la mostra il critico d’arte Luciano Carini.
La rassegna chiuderà l’8 maggio.

Galleria d'Arte Studio C
via Campesio, 39 - Piacenza



lunedì 21 marzo 2011

Max Loy, l’Arte, la Storia

- L’uomo ama l’acqua, il mare, e in esso le distese infinite, dove l’orizzonte è una linea che si muove impercettibile, dove i colori ora lo ravvivano ora lo velano, dove i toni cangianti attraggono l’occhio su una o su un’altra parte, dove la solitudine arricchisce la vita.
- Certo Max, e la tua arte mi appare proprio come il mare: una continua trasformazione per ricercare la quiete della perfezione, quella perfezione che, alla fine, ognuno di noi investiga.


Ieri, mi sono fermato a chiacchierare con Max Loy, un buon amico, un pittore maturo, con il quale spesso e volentieri mi intrattengo per divagare d’arte, di storia, del significato dell’esistenza. E le nostre tesi, le nostre teorie, i nostri dubbi concordano di frequente. Crediamo nella bellezza, in quella bellezza che non si può definire, quella bellezza che colpisce sentimenti ed emozioni. Crediamo nei nostri lavori, in quei lavori dove diamo il meglio di noi stessi. Crediamo nei veri valori della vita, nell’amicizia, nell’educazione, nella cultura. Crediamo in quelle virtù che oggi sono solo suppellettili del vivere quotidiano.

Nei quadri di Max c’è storia, storia del suo percorso artistico, dal figurativo all’astratto, c’è ricerca, investigazione, indagine, quadri dove l’ultimo tocco di luce li rende unici e particolari. Allora mi spiega: Per capire se un quadro è compiuto mi allontano, lo divido mentalmente in parti, lo esamino nel totale e nel particolare, cerco la possibilità di aggiungere una pennellata, un colore, un tratto ...  poi mi avvicino do un tocco … mi scosto da una parte … e quando noto essere giunto a piccoli punti, a brevi segni, beh, penso sia finito … ma …

Mi viene così in mente un passo del suo bel libro “Destinazione Itaca”, dove Max annota:
Se io faccio arte è per questo, voglio evadere dall’ovvio, voglio meravigliarmi e rinverdire ogni giorno la speranza di un sogno bellissimo affacciato sull’altrove.



Giocoforza del destino, sbirciando fra le mail ne trovo una sua, e fra le lunghe righe scorgo:
Osservo la Storia con occhio profetico, da artista, un po’ oltre il mio naso e coltivo un talento speciale per scoprire il minimo comune denominatore della complessità in movimento chiamata vita, cioè: cerco di semplificare, di ricavare le essenze, le formule … come dire … cerco “gli Universali”, mi spiego? È una necessità per chi fa arte, l’ho imparato dipingendo e, sempre dipingendo, ho capito anche che nell’arte come nella vita valgono sempre le stesse regole. 
[…] Però ho capito una cosa, ho desunto dall’esperienza che la Storia ha un Responsabile, l’unico “responsabile” che tiene il timone di questa nave di folli.

Ciao Max, a presto.

Tratto dal blog



giovedì 17 marzo 2011

Il ritratto di Garibaldi: il mito dell'eroe.


Garibaldi, uomo concreto e perfino impulsivo, di temperamento naturalmente incline ai viaggi e alle fantasticherie, è l’uomo con piú segreti e misteri. Garibaldi risulta un personaggio con luci e ombre, virtú e debolezze, come ogni uomo impegnato in un’impresa titanica quale quella di voler unificare un Paese con tante identità diverse, e farlo con una guerra lampo, quasi messianica.
Garibaldi recava in sé impulsi diversi da quelli che un uomo comune avrebbe potuto accogliere dall’ambiente in cui era vissuto e dall’educazione ricevuta.
Forse la leggenda di Garibaldi contiene piú verità che la cronaca della sua vita. In particolare la sua permanenza in Sudamerica, che lo pose di fronte a situazioni di alto rischio in condizioni, spesso, di inferiorità numerica. Questa esperienza ebbe per lui un valore formativo enorme perché lo abituò al comando di elementi i più eterogenei, gli fece scoprire il grande vantaggio del fattore sorpresa e di una buona conoscenza dei luoghi, gli insegnò come ottenere i migliori risultati con i mezzi modesti di cui disponeva. Tra arrembaggi, agguati, sequestri di merci e scontri navali si venne costruendo la figura di un soldato-corsaro che, pur alieno da compiacimenti guerrieri, sotto il fuoco nemico si sentiva nel suo elemento naturale.
L'uomo che nell'immaginario popolare avrebbe un giorno preso i tratti del guerrigliero tutto impeto e coraggio era in realtà un soldato autentico: poteva anche acconciarsi nelle condizioni più difficili ai mezzi tipici della guerriglia, ma le aspirazioni e le prospettive erano quelle di un regolare nel quale però l'ideologia rivoluzionaria aveva sviluppato il senso della libertà come conquista collettiva e dovere morale comune.

Garibaldi è l’archetipo dell’eroe capace di imprese sovrumane che conserva intatti i tratti semplici della propria umanità. I valori suoi propri erano: la solidarietà con i popoli in lotta per l'indipendenza, l'umanitarismo, volontà di combattere il dispotismo, l'affermazione dei valori di libertà in tutti i campi, incluso quello religioso.  Accetta la guerra come un male necessario. Poteva essere temperata nei suoi aspetti più crudeli dalla pietà cavalleresca verso il nemico sconfitto e dalle qualità umane dei combattenti.

E’ un mito necessario e tuttavia problematico. Ma è il rispetto di miti come questo, per la sua memoria divisa, contrastata, plurale che si reggono l'identità e le sorti delle nazioni civili.

domenica 13 marzo 2011

L'andatura del mondo


aprire in altra finestra

–  ... Ma, secondo te, come sta andando questo mondo? -
A. ingoia pane e domanda e quasi si strozza.  - beh ...  - fa - ci sono tante opinioni … -

- Va bene, ma dimmi la tua – incalzo, prima che mi sbollisca la rabbia e mi dimentichi cosa sono venuto a fare, perché le cose mi passano rapidamente di mente.

-Beh .. se consideriamo ... -

- bravo, considera tutto e rispondimi in sintesi, a pelle. –

Silenzio.

Rispondo io: - il mondo va male, A., credimi.  Sei d’accordo? –

- Beh ... -

- E perché va male? -

Silenzio.

- Bisogna porsi questa domanda, non ti pare? E bisogna darsi anche una risposta, non credi? – Per un attimo rimango sgomento, sto affrontando un tema enorme come posso comprimerlo in una battuta? Ma poi mi viene l’idea:

- Il mondo va male perché 
non sappiamo più fare e ascoltare musica. –

Mi guarda con quell’aria un po’ insolente dei giovani.

- Tu non studi musica? Conosci allora il valore della pausa che determina la cadenza ed il ritmo … - Improvviso perché a livello tecnico non so niente di musica, ma voglio significare altro
– Non sei d’accordo che la parte più densa e significante della musica è la pausa di silenzio che si frappone come sigillo e come meditazione tra le note? Parlo a un musicista … dovresti intendermi ...  

... Nella natura c’è buona musica perché c’è molto silenzio e il silenzio dell’inverno è il tempo in cui il grano mette radici: il silenzio è l’incubatrice della vita, senza silenzio si nasce come aborti.

È per questo,  A., che il mondo va male, perché la gente che vedi così compiaciuta del chiasso di questa giostra che non si ferma un attimo,  non riesce a capire la bellezza della vita, non sa assolutamente nulla della sua ineffabile musica. –

Tratto dal libro di Max Loy "Costa dei Fiori"

Naufrago beato.



Mi sono spinto un po’ al largo saltando su e giù sulle onde in una stupenda solitudine luminosa, poi mi sono sdraiato, ho disposto di traverso la pagaia sopra di me in modo che una pala mi facesse ombra alla testa e mi sono lasciato cullare, andando alla deriva come un naufrago beato. 


In quel dormiveglia fluttuante c’era il sapore di tutte le estati trascorse in Sardegna. In quel limbo, presente e passato si fondono in un unico eterno istante, estate dopo estate, anno dopo anno ed io sono sempre lì, a farmi trasportare dal mare chissà dove.

tratto dal libro di Max Loy "Costa dei Fiori"


Lungo, lungo tempo è passato

da quando cantai la mia primavera d’amore,
come volle l’impulso del mio cuore.
come di getto scaturì,
così quel suono in solitudine svanì.
Passarono vent’anni
da quando, non so dove, da uno stormo
d’uccelli, uno udìi
che con limpida voce m’inviò un suono
nato da quell’amore.

Ed ora, ecco, giunge
nel ventunesimo anno
una coppia d’uccelli:
mi rivela, al suo primo saluto,
che quel suono non era perduto.

I miei canti
di nuovo cantate,
l’eco del mio sentire
di nuovo ascoltate,
le mie emozioni
di nuovo provate,
la mia primavera
di nuovo ravvivate,
e a me la giovinezza
(bello sarebbe!) ridate:
accettate il mio grazie, pur se il mondo,
come a me un tempo, ve la toglierà.
E se il mondo di ciò vi sarà grato,
io stesso ne sarò, con voi, appagato.

Friedrich Ruckert



domenica 6 marzo 2011

L'ancora corrosa


È arrivato il maestrale e ha ringiovanito la stagione, si respira bene e ci si sente meglio, con più energia e voglia di fare.
Mi ha colto questa mattina in mare, d’improvviso, da che soffiava il levante verso terra, di traverso alla costa, con una brezza continua che gonfiava l’onda di risacca a che, dopo una breve calma di vento, ho visto in distanza friggere l’acqua ed il mare cambiare colore e farsi più scuro.
Non ero al largo, viaggiavo sotto costa per evitare i motoscafi però, conoscendo il temperamento del maestrale, ho puntato subito a riva. Ed ecco la prima raffica mi investe sbilanciando la pala della pagaia: ”è lui” penso ”e comincia a rinforzare.


Come chi viaggia in aereo verso est festeggia due capodanni, così io, questa sera sono al mio secondo veglione di ferragosto. Ieri ”folleggiavo” fino all’una e mezza, in una baraonda musicale, con fuochi d’artificio. Ora son qui, nella più elegante atmosfera cui sono abituato e che meglio si confà al mio carattere.
Nuovamente esplode improvviso il crepitio dei fuochi artificiali. C’è un fuggi fuggi di uccelli terrorizzati mentre in alto si disegnano i caratteristici ombrelli colorati che sembrano espandersi a dismisura, poi rallentano, si spengono e svaniscono.
- Bellezza dell’effimero – dico, rivolto al padrone di casa, che segue con me lo spettacolo. So che ama filosofeggiare, specialmente la sera, forse toccato dalla pace della notte e dal mistero delle stelle.
- Tutto ciò che è fragile e ha vita breve, suscita amore… - commento per dargli il là a qualche estemporanea riflessione.
- Non sono d’accordo – risponde con la sua vena polemica dopo aver pensato un po’ – l’amore è un sentire forte, tenace, violento, vuole gesti estremi di grande forza – mi vien voglia di dargli ragione e suggerirgli quel passo dei salmi che recita: ”… forte come la morte è l’amore…”
– Ma si - dico - l’amore è forza, ma la vita è fragile… si muore…. Siamo come fuochi d’artificio, bruciamo d’amore splendidamente per un attimo e poi svaniamo nel buio, la nostra bellezza è l’effimero e la nostra forza, quella che innamora addirittura Dio è la fragilità: un’ancora corrosa tratta dal fondo del mare ci somiglia più dell’acciaio inossidabile, ha più poesia.-


Mi alzo, sono infreddolito, è ora di smontare la mostra e di tornare a casa.
- Buona notte Max -
- Buona notte …. – rispondo, ma non capisco chi sia la leggera silouette di una donna bionda, stilizzata contro la luce abbagliante di un riflettore.

Tratto dal libro "Costa dei fiori" di Max Loy

venerdì 4 marzo 2011

Mito


Verrà il giorno che il giovane dio sarà un uomo,
senza pena, col morto sorriso dell'uomo
che ha compreso. Anche il sole trascorre remoto
arrossando le spiagge. Verrà il giorno che il dio
non saprà più dov'erano le spiagge d'un tempo.

Ci si sveglia un mattino che è morta l'estate,
e negli occhi tumultuano ancora splendori
come ieri, e all'orecchio i fragori del sole
fatto sangue. È mutato il colore del mondo.
La montagna non tocca piú il cielo; le nubi
non s'ammassano piú come frutti; nell'acqua
non traspare più un ciottolo. Il corpo di un uomo
pensieroso si piega, dove un dio respirava.

Il gran sole è finito, e l'odore di terra,
e la libera strada, colorata di gente
che ignorava la morte. Non si muore d'estate.
Se qualcuno spariva, c'era il giovane dio
che viveva per tutti e ignorava la morte.
Su di lui la tristezza era un'ombra di nube.
Il suo passo stupiva la terra.

Ora pesa
la stanchezza su tutte le membra dell'uomo,
senza pena, la calma stanchezza dell'alba
che apre un giorno di pioggia. Le spiagge oscurate
non conoscono il giovane, che un tempo bastava
le guardasse. Né il mare dell'aria rivive
al respiro. Si piegano le labbra dell'uomo
rassegnate, a sorridere davanti alla terra.

 Cesare Pavese


giovedì 3 marzo 2011

Pausa contemplativa

(aprire in in’altra finestra)


Sono seduto all’ombra di una palma che, mentre scrivo, proietta sul foglio stilizzate ombre striate, intrecciate e soavemente ipnotiche per un lieve tremolio in risposta alla brezza marina. Se ora le disegnassi qui, sulla carta, seguendone i contorni mobili, ritroverei le linee che da tempo vado tracciando nei miei quadri, quelle scansioni che separano spazi e creano frammentazioni e disegni che non si sa cosa siano, né da dove vengano.
Mi verso un bicchiere d’acqua per una pausa contemplativa. C’è silenzio. La gente sparsa qua e là tra le piante e i cespugli d’oleandro, appartata, riposa sonnolenta. Mi giungono a tratti voci che si fondono in armonia con il sommesso cinguettare di uccelli nascosti e dei passeri che, da mattina a sera, piroettano tra le fronde o ruzzolano sull’erba umida d’innaffiatura. Intorno a me fiori d’ibisco rossi e d’oleandro rosa e albicocca, cespugli di rigogliosa buganvillea viola e scarlatta, il verde tenero dell’erba e quello variegato degli alberi, delle palme opulente, perfette per la simmetria palladiana, la trasparenza fragile delle mimose presto in fiore, la familiarità del pino marittimo e, in distanza, lo svettare selvaggio dei grandi eucaliptus amici del vento, posti a protezione di quest’oasi in riva al mare che intravedo in distanza, in un riquadro d’azzurro che calamita lo sguardo.


A destra, dieci metri da me, i quadri oscillano leggeri, appesi alle catenelle dei cavalletti in semicerchio. Li scopro bellissimi, perfettamente integrati con la natura. Aggiungono mistero e suscitano un inspiegabile sentimento struggente che cerco di capire se sia un mio stato d’animo o emani da loro. Meritano certo più di un’attenzione distratta, chiedono tempo e contemplazione perché il loro linguaggio, dai toni sommessi, ha intensità volatile come il profumo dei fiori di questo giardino, profumo d’estate, essenza, elisir esotico di felicità. Niente di corporeo, niente di ovvio, niente di statico e di plausibile: sono altro, sono sempre altro …  retrogusto della materia dal sapore asciutto e leggermente alcolico che rivela la presenza dello spirito.


Tratto dal libro “Costa dei fiori” di Max Loy 

La metafora e la similitudine


Il linguaggio capace di fare breccia nel cuore dell’uomo


La metafora è un'immagine che fa capire il significato di quello che si vuole dire senza specificarlo. Un elemento caratterizzante la metafora è la capacità di veicolare interi moti d'animo attraverso immagini spesso brevi e immediate.
La similitudine non è un'immagine, ma un'espressione, che ci permette di traslare le "qualità" che appartengono ad altri.
Questo linguaggio mantiene tutta la sua carica di enigmaticità, lascia all’ascoltatore il compito di comprenderla, lo interpella e lo costringe a interrogarsi, lo coinvolge in prima persona e lo impegna alla ricerca del senso. Esso sgorga dalla emozione interiore, sospinta dal bisogno di comunicare il mistero della vita, dell’anima, dello spirito all’umanità.
E’ un atto di cortesia, di rispetto della libertà degli uomini, di condiscendenza, quasi di tenerezza. Chi conosce il cuore degli uomini  non ha fretta, sa adeguarsi al passo dell’ascoltatore.  Intanto si ingegna di offrire un messaggio che per lo meno susciti degli interrogativi, che veicoli una dimensione.
E’ il linguaggio adatto a comunicare il mistero, l’indicibile, l’ineffabile nel rispetto della concreta situazione dell’uomo.

mercoledì 2 marzo 2011

Dan (mare)

aprire in un'altra finestra


Con il suo andare tutto in pezzi
si intrecciano racconti meravigliosi

trasmessi e ripetuti
rievocati e confermati

corrispondenti emozioni
agiscono sui sogni
come un ologramma

l'uno nell'altro
piccole parti e tutte le parti

e qualcosa di nuovo avviene

nelle immagini spezzate
nei suoni interrotti
negli oggetti frantumati

ogni cosa attendeva uno sguardo
arrivano ora
delicate illusioni che tutto trasformano.

Testo poetico di Mariella  Murgia

Parafrasando Jankélévitch: l'ineffabile della pittura


Tutti forse siamo convinti che la pittura debba dire qualcosa. Un quadro non si presenta come un muro di segni e colori al di là dei quali non c'è null'altro. Nello stesso tempo un poco di riflessione insegna subito che non può darsi nessuna traduzione verbale di ciò che viene detto in un dipinto. Se dunque la pittura è un dire, essa dice ciò che non può essere detto in parole. Ma ciò che non può essere detto in parole è ancora un dire? Cosicché si affaccia subito una possibile relazione interna tra la pittura e l'ineffabile. Ma sul modo in cui questa relazione viene posta cominciano i dubbi e le perplessità. Intanto vi sono almeno due modi di impiegare parole come questa queste - l'ineffabile, l'indicibile: un modo strettamente letterale che sembra poter aderire a contesti del tutto quotidiani; ed un modo che esalta il senso letterale e che dunque riporta il loro impiego a contesti eccezionali.
Sarei tentato di dire: vi è un senso calmo ed un senso esaltato. L'indicibile in senso esaltato si riferisce ad un senso nascosto che tuttavia in qualche modo viene comunicato, senza tuttavia uscire dal nascondiglio in cui si trova; vi è perciò un'allusione al mistero, a cose tanto sublimi oppure tanto tremende da non poter trovare espressione nelle parole di cui è costituito il nostro linguaggio. Ineffabile sarà dunque un'esperienza eccezionale, tanto eccezionale da non poter essere trasmessa con parole o contenuta in esse. L'ineffabilità esaltata è dovuta ad una sorta di sovrabbondanza di senso: ciò che è ineffabile è un contenuto troppo grande per il contenente della parola.

(il grassetto è della redazione)