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..."Il raggio verde è una luce visibile per brevi secondi nelle chiare serate estive, subito dopo il tramonto del sole.

In metafora è qualcos’altro di più significante, una luce interiore che va cercata lì dove ha dimora: nel silenzio.



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“E’ così: ogni azione e ancor più manifestamente quelle dettate dal sentimento, affondano le radici in una regione misteriosa dalla quale ogni gesto assume un significato trascendente che è caratteristico della figura dell’uomo: egli trascende se stesso, così le sue azioni sono allegorie, immanenza e trascendenza insieme.

Questo è un mistero grande, l’unico.”

data inizio blog: 8 ottobre 2009


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lunedì 9 settembre 2013

L'arte della fuga

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La fuga per noi è sempre incorniciata dentro un senso di sottrazione. Fuggire, sfuggire, allontanarsi, viene sempre concepito come una perdita di responsabilità. Non importa dove andare, l’importante è sottrarsi. Questo è l’aspetto negativo che si dà comunemente alla parola FUGA. Ma per qual motivo si dà questo significato negativo? Perché molto probabilmente il termine “fuga”, “sfuggire”, “fuggire”è legato alla nostra passionalità, la passionalità è una reazione spontanea e può essere rispetto al bene o rispetto al male.


Si può scappare dal bene? Diremmo un’assurdità ... Il bene lo desideriamo.... E il male? Nessuno desidera il male, per cui se si vede la prossimità del male si scappa, si fugge. Quindi noi intendiamo “la fuga” nel senso emotivo del termine. Non è importante dove fuggire, è importante allontanarsi DAL male. Per questo il termine “fuga” non va per la maggiore, e se una persona lo usa viene subito inquadrato nella situazione ignobile di colui che non vuole assumersi delle responsabilità.

Ma gli atleti quando vanno in “fuga” scappano dal male?  Allora vediamo che c’è un nuovo significato del termine “fuga” che evidentemente dice la nobiltà di questa idea. Non è tanto “fuggire” o “sfuggire” quanto inquadrare una meta. L’atleta va in “fuga” perché sta inquadrando una meta. “Inquadrare una meta” significa che la meta non c’è ancora, ma se la si mette nel “quadro visivo”, quella meta si chiama “traguardo”. 


Dunque la fuga è dal male o verso il traguardo? Se la “fuga” è verso il “traguardo” non si ha più timore di affermare di essere in “fuga”, perché si è diretti verso “un bene”.

La fuga,  se è intendere il raggiungimento di un traguardo che è considerato “un bene”; in questa accezione la fuga è un trascinamento.  Tale è desideroso colui che è in fuga che nella sua mente, nel suo cuore ritiene il traguardo, il bene già prossimo, raggiungibile, anzi già raggiunto. Infatti la parola “traguardo” deriva da trans guardare, guardare attraverso, guardare oltre. Cosicchè, entrare in fuga non ha niente a che vedere con una situazione di pura temporalità di movimento ... inteso come  ...ci si muove per raggiungere un bene che allo stato attuale è assente ... no! La fuga ci porta inesorabilmente nel presente. Colui che è in fuga, lo è con l’anima. E’ vero che c’è la propria fisicità, il proprio corpo, ma la fuga è nella mente. E se la fuga è nella mente, e la fuga è verso il traguardo, il traguardo è lontano o nella mente? Il traguardo è nella mente! E’ tutto dentro questo “scenario” rappresentato nella mente.

Dunque, qui l’idea di fuga non è l’idea di dover scappare da un male, né l’idea di dover raggiungere qualcosa che è assente. L’idea di fuga è saper inquadrare tutte le cose che nella realtà accadono dentro una stabilità che è uno sguardo di colui che sa inquadrare le cose.

Infatti il termine “fuga” ha anche un suo significato in pittura. Il “punto di fuga” è il punto dal quale vengono tracciate le linee che costruiscono la prospettiva. Questo punto di fuga non è il punto verso cui stiamo andando o verso cui ci allontaniamo; ma è il punto che stiamo fissando per inquadrare la realtà. Una volta che si è inquadrata la realtà si può avere una chiave di lettura della stessa. Si può intendere la realtà in quanto si vedono le cose nella loro posizione corretta, le si vede prospetticamente. Il punto di fuga viene fissato per determinare la prospettiva. Prospettiva discende da perspicere: vedere attraverso. Vedere la realtà attraverso un punto di vista prospettico. A seconda di come ci collochiamo noi definiamo il punto di fuga, perché da lì nasce la prospettiva. Infatti pur essendo la realtà unica, il punto di fuga (e perciò la prospettiva) viene determinata dallo sguardo che la osserva.


Saper inquadrare le cose è sapere andare in fuga.  E bisogna inquadrarle, perché se si guarda la realtà in modo  magmatico essa appare confusa. Se non si focalizza, ossia se non si pone un punto prospettico, non si comprende. Questo punto lo può individuare l’osservatore, senza il suo punto si più dire che non esiste nulla. Non c’è nulla. Ossia, la realtà esiste sempre, ma non ha senso per lui.  Ecco perché deve esistere un punto prospettico, altrimenti regna la confusione. Ma siccome tutto dipende dallo sguardo che fissa, allora la sensatezza delle cose emerge e si fa vedere soltanto dentro uno sguardo che è capace di osservare. Ob servare (ob = avanti, sopra, attorno;   servare = custodire, salvare, guardare). 

L’osservatore salva la realtà, la sottrae dalla degenerazione, dall’annullamento, dalla distruzione. Osservare significa conservare. Quindi l’attenzione che si da nello sguardo di fuga è l’attenzione che vuole salvaguardare il quadro delle cose in esse presenti. Tanto che una volta che si è stabilito questo punto prospettico, qualsiasi cosa si guardi, assume una sua nobiltà. Infatti se la si toglie dal quadro, non è più lo stesso quadro. Cambia il senso complessivo.
Ecco che se non si è capaci di avere uno sguardo di prospettiva, davvero non si è più capaci di intendere la nobiltà, la valenza delle cose nel quadro e pertanto allora davvero la fuga ha il significato di allontanarsi da qualcosa, perché non si è stati capaci di ob servare la realtà.
Se non si impara ad osservare si perdono molte cose. Nella realtà accadono un sacco di cose, solo che siccome sono in una situazione di accadimento a volte lo sguardo prospettico della fuga ha bisogno di  “caderci” dentro. Così, per capire gli accadimenti bisogna cadere. Cadendo ... si impara ad inquadrare le cose.
Si impara cos’è la fuga: fissare utopie guardando altrove.
Dove utopia è da intendersi non-luogo  (dal greco non -luogo ossia l'altrove) Ma andare "altrove" non è inteso come movimento continuo, errare senza posa, ma, viceversa, è il massimo della staticità, della osservazione, della contemplazione. Infatti la contemplazione non ha bisogno di ritagliarsi un luogo. Perchè la contemplazione è perennemente in ogni luogo.
Altrove, altrove, altrove ... è tutto dentro lo scenario.
Quando si matura questa visione di scenario di fuga, è impossibile non immaginare che la capacità che possiede la nostra anima effettivamente riesca a prendere il passato riferendolo al futuro e pronosticare il futuro come fosse una cosa già passata. E' tutto dentro lo scenario, non c'è niente da raggiungere, non c'è niente da cui fuggire: è tutto dentro la considerazione. 
La visione di fuga non è una visione temporale, è una visione di eternità.

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